I mastri dolciari Esca, in collaborazione con l´illustratrice Claudia Piras e in sinergia con la direzione grafica di Chiara Bacchitta, si avviano alla conclusione della seconda edizione della carta regalo natalizia. Lo spirito del progetto è sempre teso al risveglio della memoria e al rinnovo della condivisione in famiglia.

Carta d'Autore Esca - Edizione 2019

Disegni d´autore che ancora una volta ci guideranno in un viaggio nel tempo verso giornate trascorse in casa con la famiglia o tra le via del paese con gli amici. Frammenti di vita quotidiana ambientati in luoghi indefinibili ed anni indeterminati revocheranno stralci di fanciullezza, adolescenza, giovinezza.

Le scene selezionate nel 2019 per solleticare i ricordi più intimi e teneri, quelli dei pomeriggi in casa con i genitori o del tempo libero in campagna con i nonni, sono incorniciate da classici arbusti della macchia mediterranea locale: su lidone, su teti, sa murta. I frutti e i fiori di corbezzolo, mirto e smilace, fanno parte della nostra memoria e - fortunatamente - accompagnano ancora oggi le nostre giornate all´aria aperta, aromatizzano le nostre ricette e profumano le nostre case. Fanno parte del nostro essere.

Le immagini sono assolutamente fantastiche, oniriche, visioni suggestive da scoprire per approfondire storie o ricordare aneddoti di famiglia, soprattutto durante le feste. Sicuramente sono e saranno diverse le chiavi di lettura dell´opera finale, sarebbe interessante conoscere i vostri racconti e condividerli.

In attesa della nuova edizione proponiamo le singole illustrazioni in formato cartolina seguite da brani della letteratura sarda, filastrocche e vicende locali che ispirano o hanno suggerito la creazione dell´iniziativa.

“L´opera d´arte, in sé, non ha un significato, non contiene un pensiero, ma può produrlo”.
(Maria Lai)


SCENA1 _ MANDORLE.

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“Intendo ricordare la Sardegna della mia fanciullezza, ma soprattutto la saggezza profonda ed autentica, il modo di pensare e di vivere, quasi religioso di certi vecchi pastori e contadini sardi (…) Siamo il regno ininterrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell´immensità del mare. Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta. Noi siamo sardi.”

(Novelle di Grazia Deledda - Il dono di Natale)


SCENA2 _ ARANCE.

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“... Ho vissuto coi venti, coi boschi, colle montagne. Ho guardato per giorni, mesi ed anni il lento svolgersi delle nuvole sul cielo sardo. Ho mille e mille volte poggiato la testa ai tronchi degli alberi, alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie, ciò che dicevano gli uccelli, ciò che raccontava l´acqua corrente. Ho visto l´alba e il tramonto, il sorgere della luna nell´immensa solitudine delle montagne, ho ascoltato i canti, le musiche tradizionali e le fiabe e i discorsi del popolo. ...”

(Grazia Deledda - Discorso in occasione della consegna del Premio Nobel)


SCENA3 _ CAPRETTA

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“Un pastorello che era mattiniero aveva una capretta la quale per lui era tutto.

Questa capretta lo seguiva in ogni dove, finché una mattina, contrariamente al solito, gli si mise innanzi e lo scortò per un sentiero che sembrava nato appena allora. Cammina cammina, arrivarono con grande stupore di lui a una grotta, e la grotta era piena d'argento e d'oro, di pietre preziose e di gioielli, di balocchi e campanelle. Una voce invisibile non faceva che ripetergli: - Scegliti l'oggetto che vuoi, scegli, pastorello - . E lui dopo tanto scelse una campanella e l'appese al collo della capretta.

Ora questa andava anche lontano e si faceva sentire, e lui era tranquillo e aveva tempo di seguire con l'occhio le nuvole e di fare tanti disegni: e pensando e fantasticando si pentì di non avere approfittato d'un altro oggetto che l'avrebbe fatto ricco. E finì con l'arrovellarsene, tanto che si mise a ricercare la grotta. Ma questa, per quanto cercata e ricercata dalle prime luci dell'alba fino al tramonto, non si lasciò più ritrovare; e quando il pastorello se la prese con la capretta dicendole: - Se non ci fossi stata tu, non mi veniva quella tentazione - , la sua piccola amica disparve lasciandogli la campanella e un inutile rimpianto.”

(Salvatore Cambosu - Miele Amaro)

Questa la leggenda tradizionale sarda che Maria Lai interpreta nei suoi libri-opera "La capretta" e "Il campanellino d´argento".



SCENA4 _ MESACUNZA´

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Sa mesacunzà, una volta era il centro basilare della casa, uno dei primi mobili realizzati nelle botteghe artigiane dorgalesi e indispensabile contenitore per tenere al sicuro le provviste del pane oltre che piano di lavoro ideale per la produzione dolciaria.

Capitava che che attorno ad essa le donne si trovassero con le mani in pasta e contemporaneamente a dover intrattenere i più piccoli con ninna nanne o filastrocche, magari a ritmo di Duru-Duru. Quante versioni conoscete?

Duru duru

tue be sias a orzu maduru,

tue be sias a orz´ispicau.

Ben´appat nonnos chi t´han battisau

e mamma tua chi t´hat zuttu puru.

Duru duru, duru duru.



SCENA5 _ BIMBI FELICI.

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“Giocavo con grande serietà e ad un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte … sperimentare la possibilità creativa di chi è conscio, nel momento in cui sceglie di agire, di partecipare ad un grande gioco, di far parte non soltanto della storia della sua comunità, ma d´essere anche un attore e creatore di una grande immagine che quando riesce è arte”.

(Maria Lai)


SCENA6 _ PANETTONE

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“Sono andata a scuola ma allora mancavano i soldi per comprare l´occorrente. Inoltre per 2 anni non ho potuto frequentare perchè l´edificio scolastico era occupato dai soldati (come Casa Dore e la chiesa di Itria) perciò a 10 anni circa mi sono ritrovata in terza classe con Bovore, mio fratello minore.

La Maestra esigeva il quaderno per “la bella” e i libri … avevo il sussidiario ma a giorni alterni, un giorno io e un giorno Bovore, facevamo a turno e se lo stesso giorno serviva a entrambi, beh, non ricordo come lo affrontavamo ... ma almeno ne avevamo uno. Mio padre era amante dell´aritmetica perciò ha insistito tanto per farci avere quell´unico libro.

Durante la rivoluzione di Isalle fecero irruzione in Municipio scaraventando dalla finestra tra vari oggetti anche documenti cartacei, proprio con quei fogli mia zia aveva composto dei quaderni per “la brutta”; chiaramente una parte di questi fogli era occupata da testi comunali e una parte era utilizzata da me per le prove di scrittura, ancora ricordo con amarezza l´umiliazione subita dalla maestra che non comprendeva l´arrangio dettato dalla povertà.

Alla fine dell´anno scolastico mi hanno fatto i cucchi e mi hanno fatto indossare una vardetta, i miei studi erano conclusi. Questo spesso era il destino per ragazzi e ragazze ma eravamo abituati a condividere. Condividere i libri, i quaderni, i vestiti ... i pochi dolci a disposizione durante le feste.”

Racconto tradotto dalla lingua sarda e tratto da un pomeriggio di ricordi con Zia Giuseppa.